Vivere per raccontare
mercoledì 5 ottobre 2011
martedì 4 ottobre 2011
LA PREMIAZIONE AL CONCORSO GARCIA LORCA DEL MIO BRICOLLA
concorsoletterariogarcialorca2011.blogspot.com/
ECCOMI QUI.
ECCOMI QUI.
www.laprovinciadivarese.it/stories/verbano%20e%20valli/114504
LA MIA PRIMA VERA VITTORIA A UN CONCORSO LETTERARIO, DA QUESTO RACCONTO E' NATO IL MIO ROMANZO "LA VOLTA DEL BRICOLLA" CHE MI HA DATO TANTISSIMA SODDISFAZIONE.
IL MIO VERO INGRESSO IN QUESTO MONDO DI PAROLE.
UNA FOTO CHE E' UN RICORDO E LA VOGLIA DI CONTINUARE.
LA MIA PRIMA VERA VITTORIA A UN CONCORSO LETTERARIO, DA QUESTO RACCONTO E' NATO IL MIO ROMANZO "LA VOLTA DEL BRICOLLA" CHE MI HA DATO TANTISSIMA SODDISFAZIONE.
IL MIO VERO INGRESSO IN QUESTO MONDO DI PAROLE.
UNA FOTO CHE E' UN RICORDO E LA VOGLIA DI CONTINUARE.
lunedì 3 ottobre 2011
SOLIDARIETA'
ECCO UN MIO RACCONTO, OGNI TANTO NE METTERO' UNO SENNO' CHE SENSO HA QUESTO BLOG? I RACCONTI IN EFFETTI SONO DUE, CON LO STESSO TITOLO, LA STESSA PROTAGINISTA (CAMILLE CLAUDEL AMANTE E MUSA DI RODIN) SCRITTO IN PRIMA PERSONA E IN TERZA. MI FARA' PIACERE SAPERE QUALE PREFERITE.
LA SCULTURA E’ UN TEATRO CHE ACCOGLIE I SOGNI DEI POETI.
Arriveranno. Aspettano solo una mia disattenzione per sorprendermi e trascinarmi via. Mio fratello e mia madre attendono, davanti alle porte del manicomio. Morirò prigioniera.
Volevo solo vivere e scolpire. Ero brava, ma siccome donna, la scuola di belle arti di Parigi mi rifiutò, ma all’accademia Colarossi entrai come scultore e non come modella.
L’arte scorreva nelle mie vene come linfa vitale, pura energia. E maledizione.
Auguste Rodin mi chiamò nel suo atelier e m’imprigionò con la forza dei suoi occhi e delle sue parole. “L’arte è sentimento”, “ Emozionare, amare, prendere, vivere.” – diceva, stringendomi tra le braccia – “Sei la mia aurora.” “Non ti lascerò mai andare.”
La sua compagna Rose e suo figlio lo aspettavano a cena.
In nome dell’arte divenni musa e il mio corpo opera, la grande opera di Rodin. Io scolpivo i particolari che rendevano i suoi lavori unici e intanto lo amavo con disperazione e follia.
La critica parlava di me come allieva di Rodin e sorella del poeta Paul. Ero qualcosa di qualcuno, mai me stessa. Eppure, ero uno scultore, un meraviglioso scultore, le mie opere urlavano vita e passione.
Ma Auguste Rodin voleva tutto per sé, volava alto tra i saloni delle sue mostre e lasciava me in disparte, in attesa.
Quando mi disse che non mi avrebbe mai sposata, abortii suo figlio e fuggii.
Ma la sua presenza era un cancro nella mia anima e nella mia arte, nemmeno l’amore e la musica di Debussy mi distolsero e quando tornò, vecchio e ammalato, lo ripresi con me. Un anno di dolore e rabbia, poi se ne andò dalla mia vita, per sempre.
Le mie opere parlavano ancora di lui, e lavoravo la creta e la giada con la stessa passione con la quale accarezzavo il suo viso.
Lo spazio intorno a me divenne nemico: le mie opere mi guardavano, mi controllavano e raccontavano a Rodin il mio talento. Lui poteva rubare ancora la mia arte e allora, con una mazza distrussi tutto.
Parigi, fuori da questa porta, mi osserva con rancore. Chiudo ogni fessura e rimango qui, al sicuro.
Rodin non mi troverà mai più. Mi tolgo gli abiti e cammino nuda tra le pareti del mio rifugio, nuda davanti alla mia arte e al mio amore maledetto.
Vivo nel buio, nessuno mi può vedere, ma devo stare attenta, il mio esilio sulla Terra ha spie ovunque.
Un rumore improvviso mi avvisa. Sono qui. Mi prenderanno.
La mia unica soddisfazione sarà che lui morirà prima di me: il grande Rodin, e qualcuno, forse, mi ricorderà: Camille Claudel, scultore donna.
Patrizia Emilitri
LA SCULTURA E’ UN TEATRO CHE ACCOGLIE I SOGNI DEI POETI
Camille Claudel cammina nuda tra le stanze, gli occhi dilatati, l’anima dilaniata. La maturità di donna nel corpo sfatto di una vecchia, i capelli imbiancati dalla sofferenza.
Osserva i resti delle sue sculture. Con un martello ha infierito sui volti e i corpi con la stessa rabbia con la quale infierisce su se stessa.
Non scolpirà mai più.
Eppure, era stata apprezzata, ammirata, e le sue opere esposte nei migliori atelier. Molte porte si erano aperte per lei su quel mondo dominato dagli uomini. Una di quelle porte l’aveva condotta nello studio di Auguste Rodin. L’aveva voluta al suo fianco, ammirato i suoi lavori, lodato le sue capacità. “Sei la mia aurora.” “Non ti lascerò mai andare.”, le diceva. Rubava il suo lavoro e lacerava il suo cuore innamorato.
L’arte scorreva nelle loro vene come linfa vitale, pura energia e in nome dell’arte, Camille divenne musa e il suo corpo opera: la grande opera di Rodin.
Lei scolpiva i particolari che rendevano i suoi lavori magnifici e intanto lo amava con disperazione e follia.
“La critica parla di me come allieva di Rodin e sorella del poeta Paul. Sono sempre qualcosa di qualcuno, mai me stessa” diceva. Auguste Rodin volava alto tra i saloni degli atelier lasciandola in disparte, in attesa.
E lei aspettava. Aspettava che lui rinunciasse a Rose, la sua compagna e a suo figlio, aspettava che la rendesse moglie e madre. Aspettava di vedere riconosciute le sue opere.
Quando disse che non l’avrebbe mai sposata, abortì suo figlio e se ne andò. Cercò tra le braccia di Debussy un amore per dimenticare, ma Rodin era un cancro nella sua anima e quando la cercò ancora, vecchio e malato, lo riprese con sé. Un anno di dolore e rabbia poi, lui se andò per sempre.
Camille cercava se stessa, ma lavorava la creta, l’onice e il marmo, con la passione con la quale accarezzava il corpo dell’amante.
Lo vedeva alla finestra, lo avvertiva accanto a sé mentre lavorava, ne sentiva l’odore tra i suoi abiti, ne percepiva il sapore nel cibo. Non si sarebbe mai liberata di lui.
Perciò, chiuse ogni fessura, gettò tutti i vestiti e smise di mangiare.
La pazzia aprì un varco nella sua mente.
Rodin la spiava per rubare la sua arte, per tenerla prigioniera.
Rodin era ovunque.
Ora, mentre due uomini sfondano la porta, la legano e la trascinano al manicomio di Ville Evrard, lei tace, sconfitta.
Sua madre e suo fratello aspettano davanti alla porta della clinica.
Tradita da Parigi, dall’arte, dalla famiglia e dal suo amore più grande.
“Esiliata sulla Terra, le sue ali da gigante le impediscono di volare.”
n.d.a. La frase del titolo è di Rodin, la frase conclusiva di Baudelaire
venerdì 30 settembre 2011
mercoledì 28 settembre 2011
Aggiungo
Non so se avete notato ma finalmente ho imparato a usare un blog grazie alla pazienza di mia figlia. Adesso non vi darò scampo, avrò molto da...RACCONTARE! Prendetela come una promessa o una minaccia, ma adesso ho capito come si fa. E naturalmente aspetto i vostri commenti.
http://www.varesereport.it/2011/03/25/la-curiosita-letteraria-donne-con-la-passione-dei-libri/
Ecco la presentazione...a grande linee. Ma è un bellissimo gruppo!
Ecco la presentazione...a grande linee. Ma è un bellissimo gruppo!
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